Lo spirito di mafiosità è il prepotere esercitato con qualunque mezzo, in qualunque momento e per qualunque motivo, senza il rischio di dover rendere conte alla giustizia. Negli anni la mafia si è evoluta, si è adattata di volta in volta ai mutamenti sociali, politici ed economici, estendendo la sua influenza su quasi tutti i settori della vita pubblica e stabilendo un legame con uomini politici al potere. In questo modo la mafia è passata indenne attraverso i vari regimi politici, prevenendone i mutamenti e adattandosi ad essi. Come ha stabilito inequivocabilmente la commissione parlamentare d'inchesta sul fenomeno mafioso, non c'è stato aspetto della vita dell'Isola, dalla scuola alle banche, dall'edilizia all'industria, dai mercati generali alla pesca, agli ospedali, al commercio, su cui la mafia non abbia stabilito il suo controllo, sempre in difesa del privilegio, del sopruso, dello sfruttamento delle classi subalterne più povere.
Mario Puzo, non a caso scelse di chiamara la famiglia mafiosa del celebre film “Il Padrino”, Corleone: molti dei cosiddetti "capo dei capi", che sono stati al centro di una rete internazionale di criminalità organizzata e di corruzione provengono proprio dalla città di Corleone, tra cui Luciano Liggio (o Leggio, il suo vero cognome). Soprannominato "primula rossa", in quanto era riuscito, per anni a sfuggire alla cattura, fu responsabile di uno degli omicidi politici più noti del XX secolo, quello del giovane sindacalista Placido Rizzotto, il quale, approfittando dei dissensi tra i clan mafiosi, fece sì che il partito politico di Sinistra salisse al potere. Due anni dopo la sua scomparsa, nel 1948, i vigili del fuoco scoprirono il corpo del povero sindacalista, smembrato in un burrone profondo 30 metri, nei pressi di Corleone, insieme a resti umani di altre vittime della mafia. I suoi assassini furono rilasciati per mancanza di prove, un giudizio molto comune per i reati di mafia in quel periodo storico.
Liggio fu finalmente arrestato nel 1974 e morì in carcere nel 1993. A Liggio, succedette il corleonese Salvatore Riina, ritenuto responsabile di almeno 150 omicidi, tra cui 40 di essi eseguiti personalmente. La sua cattura fu una vittoria ed un caso nazionale, dopo 20 anni di latitanza. Il più famoso, tra i molti membri dei clan corleonesi individuati e nominati dopo l'arresto di Riina, è Bernardo Provenzano (soprannominato "il trattore" a causa dei suoi metodi brutali). Dopo essere stato condannato in contumacia per una serie di omicidi, tra cui quelli dei due giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e delle loro scorte, uccisi brutalmente nel 1992, Provenzano fu catturato nel 2006.
Corleone e la Mafia
un affascinante paese in cerca di riscatto