Simbolo della Sicilia popolare, religiosa e rustica, il carretto dopo più di un secolo di gloria tende a scomparire e sopravvivere solo nel folklore: da un oggetto di artigianato diventa un pezzo di antiquariato. Se ne costruiscono ancora, ma a gran prezzo. La storia del carretto siciliano è antica. Le prime decorazioni risalgono all'inizio dello scorso secolo. Palermo, Catania, Siracusa e Trapani sono state le capitali del carretto. Nei loro vicoli, nei larghi spiazzi di periferia, nelle borgate attorno all'Etna ferveva la ideazione e la costruzione di questo veicolo; che è lavoro d'arte vero e proprio di un'equipe composta da falegnami, intagliatori, pittori e fabbro-ferrai.
La sua figura è agile ed elegante, la sua decorazione ricca e barocca. Fiori, ricami e foglie di ferro battuto sono avvitati dovunque, lasciando non un centimetro quadrato senza colore o intarsio. I colori predominanti sono il rosso, il verde e l'azzurro. La fantasia dell'artigiano si espande mirabilmente soprattutto sulle fiancate esterne. Mentre l'interno propone un'estetica geometria, là dove l'occhio del pubblico si può posare facilmente la pittura ricorre alla episodica popolare, alle vicende di Santi, ai personaggi della tradizione, della favola, della fantasia.
L'intagliatore incide le fiancate con scene che gli sono bene impresse nella mente: episodi della “Gerusalemme Liberata”, Orlando o Carlo Magno, Cristoforo Colombo e personaggi dell'Opera dei Pupi. Non manca l'elemento religioso: Adamo ed Eva, i miracoli di Gesù, la conquista del Santo Sepolcro. Anche la violenza trova una sua espressione grafica: i Vespri siciliani, compare Turiddu della “Cavalleria Rusticana” e anche gli eroi della malavita recente, compreso il bandito Giuliano.
Il carretto siciliano
l'artigianato si fa' arte