Akragas, fondata nel 581 a.C. dai coloni rodii e gelesi, insieme ad un gruppo di greci della madrepatri, a difesa della costa africana tra Gela e Selinunte, comprendeva la collina di Girgenti, la rupe Atenea e la Valle delimitata a sud dal costone roccioso sul quale vennero eretti i templi. L’area estesa per ca. 450 ettari, era abbracciata da due fiumi, l’Akragas (oggi San Biagio), a est, e l’Hypsas (oggi Sant’Anna), che confluivano nel San Leone alla cui foce sorgeva l’antico porto della città.
Di quella che nel V secolo a.C. Pindaro definì “la più bella città dei mortali” e che poteva contare su una popolazione di oltre 200.000 abitanti oggi si conservano l’area sacra dei templi, le necropoli, il quartiere ellenistico-romano, alcuni resti di porte e fortificazioni e l’impianto sotterraneo di convogliamento delle acque.
La fase arcaica della città risale al VI secolo a.C. ed è riscontrabile in alcuni ritrovamenti sulla collina di Girgenti. Qui, nella sua parte più elevata, Akragas, come tutte le città greche, aveva la sua acropoli, dove sorgevano i santuari, mentre a valle, nell’area che oggi all’incirca si estende intorno al museo, aveva sede il centro amministrativo. L’impianto urbano presentava lunghe arterie ortogonali che creavano isolati di grandezza abbastanza regolare. Tutto intorno un sistema di fortificazioni, che seguivano più o meno le creste calcaree del valloni circostanti, la proteggeva sia vero l’entroterra sia in direzione del mare. Lungo la cerchia muraria, si aprivano le porte della città: una di queste, la Porta Aurea, era situata tra il tempio di Giove e quello di Ercole, dove oggi passa la trafficata strada che collega la zona archeologica con la città moderna.
I grandi templi, visibili ancora oggi, vennero eretti a partire dal VI secolo a.C. in una posizione di particolare rilevanza paesaggistica, in alto sulla cresta rocciosa orientale che chiudeva la valle. Tutti i templi sono in stile dorico e interamente costruiti in tufo arenario.
TEMPIO DI GIOVE OLIMPICO
Tra il 480 e il 470 a.C. furoo i prigionieri cartaginesi catturati dopo la vittoria di Himera a costruirlo, ma l’edificio a causa di successive distruzioni belliche e di terremoti, non venne mai portato a termine. Sebbene nessuna colonna si rimasta in piedi, la vista delle rovine appare grandiosa: le colonne, le cui ampie scalmanature potrebbero ospitare un uomo erano alte almeno 17m e avevano un diametro di 4,30m.
Altra peculiarità del tempio sono i telamoni, colossali figure umane alte oltre 7m, con le gambe unite e le braccia ripiegate dentro la testa. Uno di questi è stato ricomposto: quello che si vede oggi adagiato al centro della cella è un calco dell’originale che, in verticale, si trova al museo.
Oltre il tempio di Giove si scorge uno dei simboli della Skyline della Valle dei Templi: le quattro colonne superstiti del TEMPIO DEI DIOSCURI. Si tratta in realtà di una ricostruzione di inizio ‘800 con parti architettoniche di diverse epoche rinvenute nei dintorni. Di certo è testimoniato ad Agrigento il culto dei Dioscuri, i due gemelli Castore e Polluce nati dall’unione di Leda e di Giove. Qui siamo nell’AREA SACRA dedicata a DEMETRA e a KORE, divinità legate ai miti della fertilità del terreno.
GIARDINO DELLA KOLYMBETRA
Al massimo del suo splendore Akragas si provvide di un eccezionale sistema idrico di canali e fontane; alimentata dall’acquedotto, venne anche costruita una peschiera ai margini della città, nella quale le fonti storiche, che la chiamano Kalymbetra, narrano fossero ospitati pesci e uccelli straordinari.
Non è storicamente accertato dove si trovasse questo giardino ma nel 1999 la Regione Sicilia ha concesso in gestione al FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, 5 ettari di terreno nella valletta tra il tempio dei Dioscuri e quello di Vulcano. Rinominata giardino della Kolymbetra, l’area è stata bonificata con il reimpianto di coltivazioni di agrumi, il recupero di vegetazione abbandonata, oltre che con la cura di specie arboree tipiche mediterranee. Un tracciato di sentieri, ponticelli che scavalcano un piccolo corso d’acqua, punti di sosta con tavoli e panchine rendono la Kolymbetra un vero angolo di paradiso.
Attraversando per un tratto la valletta della Kolymbetra, oltre i binari di una piccola ferrovia, si giunge al TEMPIO DI VULCANO, uno degli ultimi templi ad essere edificato. Due colonne mozze si ergono a fronte di un basso edificio rustico, a cui fa da sfondo la collina e i palazzi dell’Agrigento moderna. Ritornati a piazzale Hardcastle si inizia a visitare la parte occidentale del parco, cominciando dal tempio di Ercole.
Il TEMPIO DI ERCOLE è probabilmente il più antico dei templi. Le otto colonne che rimangono in piedi, di cui quattro con capitello, sono state alzate nel XX secolo. Dal tempio si scorge, a qualche centinaia di metri sotto il costone roccioso, un tempietto a base quadrata: la cosiddetta TOMBA DI TERONE, per errore creduta la sepoltura del tiranno akragantino, in realtà monumento funebre di età romana del I secolo a.C. Volgendo invece lo sguardo verso il mare, molto più in lontananza, il TEMPIO DI ESCULAPIO, costruito fuori le mura, a quasi un miglio di distanza dalla città.
Dal tempio di Ercole la strada che inizia a salire in leggera pendenza è la VIA SACRA. Sulla destra si lascia VILLA AUREA. Qui abitò sir Alexander Hardcastle, il capitano della marina inglese che agli inizi del ‘900, viaggiando per la Sicilia, rimase letteralmente ammaliato dalle ovine agrigentine al punto di decidere di stabilircisi a vivere.
Nei banchi di calcare che costeggiano la via Sacra, a partire dal III secolo vennero scavate fosse e loculi in cui venivano deposte le salme dei defunti. Una vera e propria catacomba paleocristiana è la GROTTA FRAGAPANE (IV-V secolo), per ragioni di sicurezza non accessibile al pubblico. Reperti di età paleocristiana sono conservati nell’ANTIQUARIUM DI CASA PACE, sul lato sinistro della via Sacra.
Ritornando indietro sulla via Sacra, un sentiero che segue le tracce dell’antico decumano della città attraversa la valle per risalire al QUARTIERE ELLENISTICO-ROMANO. È una splendida passeggiata tra mandorli, ulivi secolari e, a volte, greggi di pecore.
Risalendo la passeggiata archeologica, ci si dirige verso il museo, che sorge in contrada San Nicola. Il luogo prende il nome dalla CHIESA DI S.NICOLA, una delle più antiche chiese siciliane. Sulla sinistra della chiesa si ha accesso all’EKKLESIASTERION, il piccolo anfiteatro incui si riuniva l’assemblea popolare dei cittadini per discutere le proposte di governo. Menzioniamo inoltre l’ORATORIO DI FALARIDE (piccolo edificio quadrangolare) e i resti del BOLEUTERION (cavea semicircolare usata per riunire il consiglio degli anziani). La visita all’area archeologica della Rupe Atenea chiude l’itinerario nella Valle dei Templi.
TEMPIO DELLA CONCORDIA
È il monumento più conosciuto della Valle dei Templi e oggettivamente uno dei meglio conservati del mondo greco. Il tempio poggia su un basamento che pareggia il dislivello naturale del terreno: benché non si possa accedere all’interno, anche da fuori se ne può ammirare la maestosità. Alcuni piloni conservano intatte le scalette che portavano alla sommità. La pietra calcarea era rivestita di intonaco, a eccezione della parte alta, come di consueto dipinta da vivaci colori. Al Museo archeologico sono conservati gocciolatoi a forma di testa di leone che decoravano le grondaie, come pure alcune tegole in marmo, materiale assai più pregiato delle consuete tegole di terracotta. Il nome di tempio della Concordia è il frutto di un’attribuzione errata suggerita dal ritrovamento di un’iscrizione latina di età imperiale.
TEMPIO DI GIUNONE
Posto alla sommità della collina, è preceduto da un grande altare dei sacrifici. Venne eretto qualche anno prima del vicino tempio della Concordia. Delle 34 colonne originali (6 sui lati corti e 13 su quelli lunghi) ne rimangono in piedi 25. venne incendiato dai cartaginesi nel 406 a.C. e poi restaurato dai romani, ma i muri della cella vennero completamente rovinati da un terremoto avvenuto nel medioevo.
MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE
Il museo è tra i più importanti d’Italia e il più visitato di Sicilia, raccogli i reperti di scavo provenienti da Akragas, e dai siti preistorici del territorio circostante. Un’ampia sezione è dedicata alle ceramiche vascolari, a figure nere (una grande anfora con una quadriga sacra con Atena, Apollo, Artemide ed Ermes) e a figure rosse (guerrieri in una veglia funebre, forse quella di Patroclo, amico di Achille). Molti i reperti provenienti dai templi e dagli scavi: dal tempio di Giove Olimpio, la ricostruzione del maestoso telamone, numerose teste leonine, due celebri sculture dell’Efeso di Agrigento (480-470 a.C.) e dell’Afrodite accoccolata. In una sala dedicata a testimonianze artistiche di Gela, madrepatria di Akragas, spicca un magnifico cratere attico che raffigura la fatale lotta di Achille contro Pentesilea, regina della Amazzoni.
La Valle dei Templi in Agrigento
Il Parco Archeologico della Valle dei Templi